Il nome difficile nasconde un complesso procedimento di bioingegneria. Alcune cellule del sistema immunitario (i linfociti T per l’appunto) dopo essere state isolate dal paziente, vengono geneticamente modificate affinché riconoscano le cellule tumorali e quindi reinfuse al paziente.
Come funzionano le terapie CAR-T?
Nel nostro sangue è presente una particolare popolazione di cellule che fanno parte del sistema immunitario. Si tratta dei leucociti. Tra queste, i linfociti T rappresentano il braccio armato delle nostre difese immunitarie in quanto in grado di riconoscere alcune proteine. Queste proteine dette antigeni sono presenti sulla superficie di virus e batteri attaccandoli e quindi distruggendoli.
La CAR-T prevede di ottenere, tramite un prelievo di sangue dal paziente, le cellule T e quindi riprogrammarle geneticamente affinché svolgano un altro compito. La rivoluzione è stata quella di riuscire a programmare le nostre cellule affinché riconoscano proprio gli antigeni delle cellule tumorali in modo da attivarne i meccanismi di morte cellulare.
Le cellule T diventano quindi un vero e proprio farmaco personalizzato poiché derivate direttamente dal paziente che riceverà la cura e in quanto in grado di riconoscere e attivarsi contro il tumore specifico del soggetto.
Una volta ottenuti dei cloni di cellule T “specializzate” contro il tumore, queste vengono reinfuse al paziente monitorandone gli effetti.
Le indicazioni
La terapia con cellule CAR-T ad oggi è riservata a pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali. In particolare l’Agenzia europea del Farmaco (EMA) ha approvato l’utilizzo di questa terapia nei pazienti fino a 25 anni di età affetti da una particolare forma di leucemia linfoblastica acuta (con differenziazione B cellulare) che manifestino una ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali, oppure nei pazienti che presentino una recidiva in seguito a trapianto o ancora nei pazienti adulti affetti da linfomi diffusi o resistenti alla terapia.
In Italia si stima che i potenziali pazienti con linfoma che potrebbero essere trattati con questa nuova tecnica siano 300-400 ogni anno. Nell’intera Europa i pazienti sarebbero quasi 8000.
Gli ostacoli delle terapie CAR-T
Abbiamo visto come la terapia con cellule Car-T sia in grado di offrire una valida opzione terapeutica per quei pazienti nei quali le terapie convenzionali hanno fallito.
Tuttavia al momento la terapia non è del tutto priva di rischi.
Uno dei principali problemi di questa terapia è quello degli eventi avversi che si manifestano in forme serie in circa un quarto dei pazienti. Questo accade perché le cellule T attive possono causare una serie di eventi a cascata in grado di rendere necessario il ricovero in reparti di terapia intensiva.
Un secondo aspetto da valutare, anche se di secondaria importanza, è quello economico. Queste terapie infatti hanno un costo importante (fino ad un milione di dollari a paziente) e vengono eseguite solo in centri altamente specializzati.
Il futuro è già domani
La terapia con cellule CAR-T rappresenta un trattamento con enormi potenzialità. Tuttavia è ancora difficile determinare come, e con quali tempi, questa strategia terapeutica potrà essere applicata a tutti i pazienti che ne avrebbero necessità.
I prossimi anni dovrebbero vedere l’autorizzazione di un numero sempre maggiore di terapie cellulari, anche se molti aspetti devono essere ancora approfonditi con particolare riguardo al profilo di sicurezza per il paziente.
Attualmente in Italia sono tre i centri in cui sono attivi studi clinici: l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, la Clinica Pediatrica dell’Università di Milano-Bicocca Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (Mbbm) dell’Ospedale San Gerardo di Monza e il centro di Oncoematologia presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
In un futuro non lontano si spera che la terapia cellulare possa diventare la base del trattamento di diversi tipi di tumore anche come prima opzione terapeutica.
– Dr. Claudio Bravin