L’appuntamento è a Roma, lunedì 15 aprile 2019, presso il Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi.
Per scaricare il programma dell’incontro, clicca qui. Per partecipare compila il modulo di iscrizione che trovi cliccando qui.[/vc_column_text][vc_empty_space height=”20px”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”2/12″][/vc_column][vc_column width=”8/12″][vc_column_text]
Roma 🗓 Lunedì 15 aprile 2019
“Emofilia: malattia più unica che rara!”Aperte le iscrizioni alla XV #GME ✍ https://t.co/SFcyMPVk9R
I lavori si svolgeranno con il patrocinio del @MinisteroSalute.#GiornataMondiale #Emofilia #PiuUnicaCheRara #MEC #Hemophilia pic.twitter.com/9smD1Cayhm
— FedEmo Giovani (@FedEmo_Giovani) 1 aprile 2019
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Cos’è l’emofilia?
Normalmente, in caso di sanguinamento, i globuli rossi e le piastrine agiscono in concerto con i fattori della coagulazione, proteine presenti nel sangue, per formare un coagulo e bloccare o ridurre l’emorragia.
L’emofilia è una malattia genetica per cui viene alterato questo processo di riparazione. Una o più di queste proteine vengono prodotte in quantità ridotta o in forme non attive. Il risultato è quindi una minor capacità di coagulazione del sangue e lo sviluppo di emorragie interne o esterne più o meno gravi.
Conosciuta ormai da diversi secoli, l’emofilia è nota anche come Royal Disease (malattia reale). Ne erano affetti diversi esponenti delle famiglie reali europee tra i quali Edoardo VII della famiglia reale britannica, così come la Regina Vittoria e le sue due figlie (portatrici sane) e, tramite loro, anche il figlio di Nicola II, Alexei, della dinastia dei Romanov.
Si stima che siano oltre 400.000 in tutto il mondo le persone affette da questa malattia. Un trend in crescita ogni anno. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le coagulopatie congenite interessano infatti 11,373 pazienti in tutta Italia. Di questi il 36% è affetto da emofilia di tipo A, il 7,8% da emofilia di tipo B e il 6% da emofilia di tipo A e B.
Dal tipo di trasmissione genetica si può notare che la malattia si trasmette insieme al cromosoma X, motivo per cui l’uomo, che ha cromosomi sessuali XY, ha una probabilità del 50% di essere emofilico.
La donna che invece, avendo i cromosomi sessuali XX, è generalmente portatrice sana in quanto uno dei due cromosomi impedisce l’espressione clinica della malattia.
Quale emofilia?
Esistono diverse forme di emofilia. La più frequente, chiamata Emofilia A, rappresenta l’80% dei casi ed è causata dall’insufficiente produzione del fattore VIII della coagulazione.
L’emofilia B è invece legata dalla carenza del fattore IX.
L’emofilia C si presenta per deficit del fattore XI.
In tutti e tre i tipi di malattia se la percentuale di fattore della coagulazione residuo funzionale è maggiore del 5% la sintomatologia sarà lieve, altrimenti la malattia si manifesterà come moderata o grave.
L’emofilia, essendo caratterizzata da un’alterazione della coagulazione, si presenta clinicamente con la comparsa di emorragie in tutte le forme e distretti possibili. Si potranno quindi avere ematomi, emartri (interessamento delle articolazioni), sanguinamenti importanti in seguito a minimi traumi o in corso di interventi chirurgici. Possibile anche il sanguinamento spontaneo in aree particolarmente sensibili come il cervello o l’addome.
Cronicamente queste manifestazioni possono portare ad una condizione di invalidità sia per la comparsa di dolore che per la limitazione funzionale delle articolazioni colpite.
Dopo la diagnosi, quasi sempre su base dei sintomi manifestati dal paziente e solo successivamente laboratoristica, inizia il percorso di cura che continuerà per tutta la vita.
La terapia consiste nel somministrare al paziente derivati della lavorazione del plasma raccolto con le donazioni. Negli ultimi anni è anche stato possibile ottenere dei fattori della coagulazione in laboratorio. Questi veri e propri farmaci devono essere somministrati per via endovenosa almeno 2-3 volte alla settimana.
Si capisce allora quanto importante sia l’impegno di chi, volontariamente, in maniera anonima e non retribuita, decida di donare il proprio sangue e/o il proprio plasma da cui si possono ricavare i fattori della coagulazione, unica terapia attualmente valida per il malati di emofilia.
L’emofilia è quindi una malattia rara ma per fortuna non è rara la generosità di chi dona per garantire una terapia.
Dott. Claudio Bravin