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Il quarto capitolo sulla storia della trasfusione a Brescia e di AvisSegue da “Brescia: storia dei primi esperimenti di trasfusione“. Clicca qui per leggere tutti gli articoli di Avis Storia.

Prove di trasfusione a Brescia nel 1875

Nel gennaio del 1875 il dottor Manzini é pronto per allargare le sue sperimentazioni ad altri pazienti, e ne chiede permesso alla direzione ospedaliera:

 

“Avendo, da numerosi esperimenti di trasfusioni praticati in sei mesi, col sangue dei bruti nell’uomo, e del sangue da uomo a uomo, potuto constatare che il sangue umano trasfuso negli infermieri é quello che porta maggior vantaggio e nessun disturbo negli operati, il sottoscritto, unitamente ai suoi colleghi dottor Rodolfi e dottor Morelli, che tanto con lui lavorarono a vantaggio dei pazzi, pregherebbe questa onorevole amministrazione poiché volesse impiegare quella spesa che prima incontrava per l’agnello, per un uomo, che toccherà a noi a trovarlo e sceglierlo.”

 

La spesa prevista è in realtà minore rispetto a quella sostenuta sino ad allora, poiché, spiega il primario Manzini, “la trasfusione verrà eseguita di quindici giorni in quindici giorni, mentre prima si eseguiva di quattro in quattro giorni ed al più di otto in otto, ma questo avveniva di rado”. Il sangue prelevato ammonta ad una o due once, mentre “dalle esperienze sinora fatte, l’uomo si accontenta di cinque franchi per ogni seduta”.

I nuovi progressi di Manzini

Nel maggio del 1875 gli esperimenti conoscono una ulteriore accelerazione. Manzini é particolarmente soddisfatto, anche se ha ricevuto dalla direzione ospedaliera l’ordine di non effettuare esperimenti sugli infermieri, ma solo sui ricoverati. Così una sua nuova relazione mette al corrente dei progressi raggiunti, con considerazioni portate a giustificare la richiesta di nuovi strumenti chirurgici assolutamente necessari:

 

“Considerati gli effetti soddisfacenti che abbiamo riscontrati nella cura mediante la trasfusione col sangue nei pazzi pellagrosi deperiti anemici, ed altre forme, per le quali erano condotti all’estremo delle forze, della magrezza e del patimento. Considerato che per tali vantaggi torna conveniente continuare con questo sistema di cura, il quale oltre non aver mai prodotto in mezzo a’ suoi vantaggi alcun sinistro, abbiamo per di più ora coll’esperienza veduto e trovato il modo perché non riesca di nessun incomodo o perturbazione ai malati”.

 

Complessivamente sono sottoposti a trasfusione 50 pazienti, dei quali 12 con due trasfusioni, e uno “istoriato” per tre volte. Secondo il Manzini furono 12 i pazienti guariti completamente, 1 migliorato, 25 stazionari. Altri 11 erano frattanto deceduti per altre cause non legate alla stessa trasfusione. Ma non è un risultato raggiunto con facilità: delle 64 trasfusioni complessivamente effettuate, ben 23 sono dichiarate “non riuscite” pur se solo 12 sono state quelle di sangue umano.

Così quando anche altri pazienti segnano notevoli progressi, il dr. Manzini scriverà, evidentemente prendendosi qualche rivincita sugli scettici: “Quindici guarigioni ed undici miglioramenti sopra cinquanta casi di pazzia scelti fra i più gravi del nostro manicomio non ci sembrano una semplice coincidenza da paragonarsi ai miracoli di Lourdes”.

I primi riconoscimenti 

Il mondo accademico e scientifico riconoscerà i meriti di quelle sperimentazioni bresciane. Come si legge sulla rivista specializzata “Archivio Italiano di Malattie Nervose”, si sottolinea come i “chiarissimi Rodolfi e Manzini di Brescia, che annotarono con accoratezza invidiabile i vari fenomeni sopravvenenti ai quindici alienati da loro trasfusi direttamente con sangue venoso di agnello, oltre alle successive trasfusioni arteriose già praticate, non accennarono ad alcun fatto emorragico rilevante susseguito all’operazione”.

 

E già il giovane dottor Rodolfo Rodolfi continua ad effettuare trasfusioni di sangue umano. Alla fine del 1875 ne ha eseguite complessivamente 28, di cui 20 a Brescia, 7 a Milano e 1 ad Alessandria. E già dopo un paio di anni le trasfusioni raggiungono complessivamente le 150.

 

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