Come si sviluppano le Sindromi Mielodisplastiche nel sangue umano?
Il nostro sangue è costituito da una porzione liquida detta plasma e da una serie di elementi detti corpuscolati. Questi elementi si suddividono in globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Gli elementi corpuscolati sono prodotti dal nostro midollo osseo grazie alla presenza di cellule staminali progenitrici. Queste staminali maturano e si specializzano acquisendo:
- le caratteristiche tipiche dei globuli rossi (trasporto di ossigeno)
- dei globuli bianchi (capacità di produrre anticorpi proteggendo dalle infezioni)
- delle piastrine (capacità di aggregarsi per limitare il sanguinamento)
Se il midollo non funziona correttamente può succedere che si abbia una tra le Sindromi Mielodisplastiche (SMD). Queste sindromi si manifestano con una carenza nel sangue di globuli rossi e quindi lo sviluppo di anemia, una carenza di globuli bianchi, definita leucopenia o una carenza di piastrine detta anche piastrinopenia.
È sufficiente che una sola cellula staminale o progenitrice sia alterata affinché vengano generate numerose cellule figlie non funzionanti o in quantità insufficiente. Per questo motivo tali malattie vengono definite anche “clonali”.
L’incidenza delle Sindromi Mielodisplasiche sulla popolazione
L’incidenza di questa patologia in Europa è di circa 8 casi ogni 100.000 abitanti mentre in Italia vengono registrate circa 3.000 nuove diagnosi ogni anno. Le Sindromi Mielodisplastiche colpiscono prevalentemente le persone dai 70 anni in su e possono manifestarsi sia in forma cronica che in forma aggressiva fino ad evolvere in sindromi leucemiche.
Proprio per il fatto che si tratta di malattie non comuni spesso la diagnosi è tardiva e difficilmente vengono scoperte in fase iniziale. Riconoscere il prima possibile tali malattie ad alto rischio di trasformazione tumorale è estremamente importante per iniziare un percorso terapeutico mirato già all’esordio dei sintomi.
L’importanza di una diagnosi precoce delle Sindromi Mielodisplastiche
La diagnosi precoce è possibile: basta eseguire degli esami specifici di base e quindi affidarsi ad un ematologo. Egli potrà indicare i test necessari ad individuare le alterazioni generiche responsabili della malattia e gli indicatori che correlano con il rischio di evoluzione verso la leucemia.
Anche un’attenta osservazione dei sintomi e dei segni può aiutare nella diagnosi precoce essendo questi possibili campanelli d’allarme. Le Sindromi Mielodisplastiche infatti si possono manifestare attraverso astenia, ovvero stanchezza, causata dall’anemia, aumentata suscettibilità alle infezioni per la riduzione dei globuli bianchi e sanguinamenti a causa della piastrinopenia.
Appena stabilita la diagnosi ha inizio una terapia volta a prolungare la sopravvivenza del paziente e a migliorarne la qualità della vita. Fino a qualche anno fa le Sindromi Mielodisplastiche erano considerate inguaribili. Nonostante molti pazienti vadano comunque incontro ad un’evoluzione della malattia verso la leucemia mieloide, ad oggi alcuni pazienti possono arrivare ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione sana.
L’avanzamento scientifico e la ricerca hanno permesso di arrivare a conoscere i meccanismi molecolari che causano le Sindromi Mielodisplastiche rendendo possibile definire in maniera più precisa il quadro diagnostico e quindi plasmare la terapia sulle caratteristiche del paziente e della malattia stessa.
Guarire? Si può!
Guarire è possibile con un trapianto di cellule staminali. Questo consiste nel sostituire le cellule staminali alterate con una popolazione cellulare sana prelevata da un donatore. Anche se tale procedura può risultare “pesante” da sopportare per persone anziane o che magari sono affette da altre patologie concomitanti, questa opzione terapeutica può essere curativa anche per pazienti di 65-70 anni di età.
A corollario del trapianto, o quando questo non possa essere effettuato, prende il via una terapia di supporto. Questa è costituita principalmente da trasfusioni degli elementi presenti in quantità insufficienti e quindi di concentrati piastrinici ed emazie concentrate che derivano ovviamente dai centri di raccolta sangue e dalla generosità dei donatori. Si deve poi far fronte alle eventuali infezioni che spesso si presentano nei pazienti che manifestano leucopenia.
Sono tutt’ora in corso studi sperimentali che prevedono l’impiego di nuove combinazioni di farmaci (azacitidina e decitabina ad esempio) nella speranza di poter curare il maggior numero di pazienti, anche quando il trapianto non è indicato.
– Dr. Claudio Bravin