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Ogni volta che accedo alla sede di AVIS Provinciale di Brescia leggo una frase, posta all’ingresso dell’unità di raccolta, che ricorda quale sia lo spirito fondante della nostra associazione e quale sia l’importanza del donare il sangue.

Questa frase recita: ”Nessuno può dirsi troppo povero per poter donare il sangue e nessuno può dirsi troppo ricco da non averne bisogno”.

 

Dalla mia prima donazione di sangue intero mi sono domandato perché si dicesse DONARE e non regalare il sangue.

La differenza non è cosa da poco e trova giustificazione anche nell’etimologia di entrambe le parole.

Regalare deriva dal termine rex (dal latino, re). Attraverso lo spagnolo regale vuole quindi significare “dono fatto al re, al sovrano”. Il termine richiama allora l’idea della regalità, del tributo nei confronti di chi si ritiene meriti un riconoscimento per la sua posizione e verso cui si debba mostrare riverenza.

Donare, invece, deriva dal latino dare, ovvero offrire senza aspettarsi niente in cambio. Significa manifestare e quindi trasmettere un’emozione. Non rappresenta solo uno scambio di oggetti di un certo valore economico.

Quando si dona si dà quindi significato al gesto e al sentimento che lo motiva.

Ecco allora che l’avisino DONA una parte di sé ad un’altra persona, alla comunità, senza aspettarsi niente in cambio ma solo nell’intento di trasmettere e donare VITA, nella consapevolezza di fare del bene a chi è meno fortunato e nell’intima certezza dell’inestimabile valore di ciò che sta facendo.

Non esisterebbe d’altronde controparte sufficiente a compensare un bene tanto importante e intangibile come l’energia vitale che si dona insieme ad una sacca o unità di sangue.

 

In una società come la nostra, in cui i like sui social-network definiscono il valore di una persona, peggio ancora a volte il suo prezzo e in cui il consumismo dirige gran parte delle nostre esistenze, i regali rappresentano scadenze, obblighi, ricerca spasmodica del pezzo migliore al prezzo migliore.

 

In questo mare magnum frenetico si distingue chi dona, chi supera la necessità dettata dall’occasione, chi vuole esprimere più che impressionare, chi vuole avvicinarsi alle persone invece che gareggiare a chi fa meglio, elevandosi sopra di esse.

Chi dona il sangue decide di seguire la propria coscienza che sussurra cosa è necessario agli altri più che a sé stesso. Decide di riconoscersi nel prossimo in uno strano meccanismo di introspezione e al contempo di apertura verso la comunità.

Il donatore si distacca quindi dagli automatismi del regalo. Nessuno è obbligato a donare, ma abbraccia invece la logica più intima del dono del sangue manifestando senza riserve il principio etico dell’altruismo in un atto anonimo, gratuito e responsabile.

Donare è anche un gesto spontaneo e volontario,

come si definisce nella nostra associazione, ma anche coraggioso perché dietro al dono si nasconde l’esternazione di un sentimento. Donare il sangue significa prendere a cuore l’esistenza di persone messe alla prova dalla vita. Vuol dire “ho pensato a te e ho deciso di donarti questa parte di me, questo sangue. Non so chi sei e non mi aspetto nulla in cambio, dono solo perché tu possa stare meglio”.

 

Quante volte poi gli aspiranti donatori, confidandosi, dicono di aver paura degli aghi, del sangue, di stare poco bene durante o dopo la donazione?

Eppure chi dona supera le proprie paure, i propri timori, cede parte del suo tempo e delle proprie energie e abbraccia idealmente chi, anch’esso a braccia aperte, aspetta un dono così importante.

 

Non ci può essere allora appello più accorato di chi vi chiede di impegnare parte del vostro tempo, delle vostre energie e della vostra vitalità per scoprire quanto può essere profondo il significato del verbo donare. Ampio è dunque il sentimento dell’altruismo ed immensamente grande l’aiuto che concretamente si può dare diventando donatori.

 

Un saluto a tutti i donatori,
alla prossima raccolta.

 

– Dott. Claudio Bravin

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