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Pubblichiamo di seguito il terzo dei 5 articoli legati alla storia bresciana, alla storia di Avis e delle trasfusioni di sangue. Leggi gli articoli precedenti, clicca qui. Non perdere gli altri articoli che verranno pubblicati nei prossimi mesi su La Goccia Magazine.

Brescia, storia dei primi esperimenti di trasfusione

Giovan Battista Manzini nasce a Padenghe del Garda il 10 luglio 1814 da famiglia facoltosa. Laureatosi a Padova nel 1841, sarà inizialmente medico condotto a Desenzano. È un vero patriota: nel 1849 prende parte alle Dieci Giornate di Brescia e per questo verrà decorato con una medaglia commemorativa. Nel 1859 è in città come assistente ai feriti delle battaglie della II Guerra d’Indipendenza. Socio dell’Ateneo di Brescia, fra il 1857 ed il 1887 è primario presso il Manicomio Provinciale di Brescia. Qui conduce esami e sperimentazioni “sui bruti” – come si scriveva al tempo – lasciando diverse relazioni mediche legate alla psichiatria ed al trattamento dei pazienti.

Fra le sue opere sono da ricordare i rendiconti statistici del manicomio, opere sulla pellagra e una articolata relazione dal titolo “Esperimenti eseguiti colla trasfusione del sangue in vari pazzi del manicomio di Brescia dall’agosto 1874 all’agosto 1975”, prima pubblicata sulla rivista “Archivio Italiano di Malattie Nervose” (Milano 1875) e poi come autonomo opuscolo di 64 pagine, in collaborazione con un altro medico bresciano, Rodolfo Rodolfi.

I primi esperimenti di trasfusione e la grande intuizione

Sono proprio i suoi esperimenti a dare il via ad una organica sperimentazione della trasfusione. Un aspetto della storia bresciana sconosciuto a molti, ma che merita almeno per sommi capi di essere narrata. Esso rappresenta infatti il primo serio tentativo, condotto su più ampia scala, dell’applicazione del metodo della trasfusione, prima di sangue animale e quindi umano, a fini curativi realizzato non solo a Brescia.

 

Giovanbattista Manzini, con l’aiuto del dottor Rodolfi, intuisce che una trasfusione di sangue può rivestire più di una utilità nella cura dei suoi pazienti. I suoi primi tentativi avvengono però utilizzando sangue di agnello e di montone. Numerose sono infatti le richieste che egli rivolge all’amministrazione del Pio Luogo Ospedale di Brescia per il pagamento di “messe dozzine di montoni” e per l’acquisto del materiale chirurgico necessario. Le percentuali di successo delle sue trasfusioni sono incoraggianti. Tuttavia non conosciamo le reazioni (e il dolore) dei pazzi ricoverati e posti sotto le sue cure. L’Amministrazione ospedaliera si mostra però interessata agli esperimenti che si vanno compiendo, accettando di buon grado di coprire le spese necessarie.

Le nuove trasfusioni di sangue

Nel mese di agosto del 1874 il Manzini da il via ad una nuova serie di trasfusione di sangue. Queste registrano immediatamente percentuali di successo ben maggiori del passato. Il 23 novembre di quell’anno una sua breve relazione, inviata ai superiori, traccia i traguardi raggiunti e le tappe che attendono nell’immediato futuro:

 

“Visto per gli esperimenti dell’agosto e sino ad ora fatti, la innoquità non solo della cura colla trasfusione del sangue sui pazzi e pazze, ma la di lei benefica influenza sulla salute fisico mentale degli stessi, essendone guariti tre dei sedici trasfusi, ed alcuni in via di guarigione. Constatato che poi un giusto apprezzamento sulla trasfusione del sangue, si pone ora necessario fare degli esperimenti colla trasfusione del sangue arterioso, avendo sinora adoperato sangue venoso, e così fare un confronto quale dei due sia da preferirsi. Osservato che questa operazione anche nell’attuale stagione si può continuare. Incoraggiati con i miei colleghi dallo spirito d’omaggio alle scienze per il quale l’amministrazione di questi ospedali non ha badato alla spesa sinora incontrata per il collo degli agnelli adoperati per la trasfusione, ardisco supplicare la stessa onde volercili ancora per qualche mese concederceli come per l’addietro”.

 

Il Manzini sperimenta però contemporaneamente anche alcune trasfusioni di sangue umano. Queste avvengono grazie alla disponibilità di alcuni “robusti infermieri” – così vengono definiti – del Manicomio cittadino, di fatto i primi donatori di sangue (anche se con rimborso) della storia bresciana.

Avis e la Prima Guerra Mondiale. Con il centesimo anniversario della fine dell’immane tragedia che fu la Grande Guerra è per noi doveroso ricordare lo straordinario impulso che essa determinò in campo medico, sanitario e chirurgico. Leggi di più, clicca qui.

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