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A volte, ancora prima di chiedersi cosa possono fare oggi i giovani per il volontariato, forse è bene chiedersi cosa il volontariato può fare per i giovani.

 

I ragazzi di oggi sono a caccia di esperienze forti, che possano dare loro conoscenze e competenze, che li rendano maggiormente employable, cioè che migliorino la loro possibilità di accesso al mondo del lavoro; più in generale, che facciano vedere al mondo che tipo di persone sono e quanto sono in grado di impegnarsi.

Motivazioni egoistiche? Senz’altro. Vanno però guardate alla luce della realtà contemporanea e delle sfide che si devono affrontare per trovare una propria collocazione e “navigare” in una società sempre più frammentata e avara di certezze. Figli della modernità, gli adulti di domani hanno una concezione del tempo e dello spazio inedita rispetto alle generazioni che li hanno preceduti. E visto che il volontariato consiste nel donare il proprio tempo al prossimo (leggi: “colui che mi sta vicino”), non è forse normale che il rapporto tra giovani e il volontariato stesso, inteso in senso tradizionale, sia particolarmente complesso?

Offrirsi al mondo del volontariato

Forse il volontariato può offrire un vero e proprio percorso educativo, in cui imparare gradualmente il significato di “tempo donato”, dello stare con gli altri, del donare gratuitamente e ricevere in cambio gioia e soddisfazione, essere in relazione qui ed ora.

Ma, appunto, si tratterà di un percorso che richiede una certa gradualità e progressione, come diceva il grande Carlo Maria Martini. Può un percorso graduale iniziare con impegni gravosi e grandi responsabilità? Meglio forse un inizio a piccoli passi, fatto di momenti brevi ma intensi, che consentano comunque di stabilire relazioni e di creare gruppo, aspetto molto importante per gli adolescenti – anzi, per gli umani – da che ne abbiamo memoria storica.

 

Molte realtà di volontariato non si sono ancora poste nell’ottica di differenziare i loro impegni per le nuove generazioni, di accompagnarle attraverso attenzioni particolari e con figure dedicate, “pulendo” lo sguardo da pregiudizi di valore sui giovani d’oggi che “non sono più quelli di una volta”.

Non pensiamo di esagerare quando affermiamo che tre ore passate ad un banchetto in una piazza possono fare la differenza e cambiare la vita di una persona, sia essa il volontario o la persona che da lui viene avvicinata. E allora che aspettiamo? Invitiamo i ragazzi a queste piccole esperienze protette per loro. Da donatori occasionali potrebbero diventare i volontari di domani, quelli che porteranno il volontariato ancora più in alto nei prossimi decenni.

 

– prof. Emanuele Serrelli
coordinatore Progetto Scuola: Piacere Avis 2018/19

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