[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il secondo di 6 articoli legati alla storia dell’Ospedale Civile di Brescia (leggi il primo articolo qui). Nei prossimi mesi La Goccia Magazine pubblicherà i successivi 4 articoli nella rubrica Avis Storia. Non perderli.

Il Civile di Brescia – Una struttura e la sua storia come momento di svolta della sanità bresciana – 2 parte: Le difficoltà di una scelta

La scelta cadde così in un’area del comune di San Bartolomeo, 106.000 mq posti a cavallo fra Borgo Trento e S. Eustacchio. Ma l’acquisto si dimostra difficile. Il prezzo (3,5 lire al mq) è ritenuto dagli amministratori eccessivo, tanto che l’affare sfuma.

Nel 1907 è la volta di un’area in via Milano, presso Fiumicello. L’area risulta utile per realizzare “un ospedale di mille letti circa”, mentre i proprietari sembrano disposti a cederlo ad un prezzo di 2,5 lire al mq. Ma alcune pastoie burocratiche e poi lo scoppio della grande guerra mandano in fumo anche questo progetto. Nel frattempo il vecchio ospedale registra punte giornaliere di 700/800 ricoverati.

La scelta cade sull’ing. Angelo Bordoni

Se gli amministratori dell’ospedale restano convinti della necessità di un nuovo fabbricato, non altrettanto si dimostra orientata la stampa e l’amministrazione comunale, che anzi nel 1930 incarica l’ing. Angelo Bordoni di redigere un piano di ristrutturazione del vecchio edificio.

É un professionista serio e preparato il Bordoni. É nato a Brescia nel 1891 da Leandro, che fu assessore comunale, direttore della Banca S. Paolo e presidente della Giunta Diocesana e del Consiglio di Amministrazione della Morcelliana e del giornale “Il Cittadino”. Angelo Bordoni si laureò a Roma in ingegneria civile. Suo è il palazzo di giustizia di Milano, il palazzo dei sindacati sempre a Milano, la Casa Littoria di Roma ed altre decine di edifici pubblici e privati. Ma la sua preparazione era specificatamente diretta all’edilizia sanitaria, avendo progettato il sanatorio di Lucca, i nuovi ospedali di Schio, Cesena, Massa, Montebelluna ed avendo lavorato anche al sanatorio S. Antonino di Brescia.

Proprio questa indiscussa competenza maturata negli anni, una precisa conoscenza della situazione bresciana, indussero il Bordoni ad essere categorico. La sua relazione finale, dopo aver descritto in ogni sua parte il vecchio ospedale è davvero inequivocabile, oltre che per i tempi e l’atmosfera creatasi, coraggiosa:

 

“Esaminata la disposizione ed anche la consistenza dei fabbricati”, scriveva il Bordoni al sindaco di Brescia, “messi a confronto con quello che dovrebbero essere, la convenienza tec­nica e finanziaria di una riforma parziale appare subito assurda. Ristabilire un ordinamento generale su nuove basi a secondo dei più moderni criteri vuol dire fare tabula rasa di tutto il vecchio per ricominciare da capo”.

Stampa e opinione pubblica non cambiano ancora idea

L’amministrazione comunale sembra essersi così convinta. Ma è ancora una volta la stampa e parte dell’opinione pubblica a ritenere avventata la decisione ed a scommettere ancora sulla ristrutturazione del vecchio edificio.

E, incredibilmente, l’amministrazione dell’ospedale sembra accusare un cedimento che potremmo ritenere di natura demagogica, impegnandosi su più fronti. Si individua una nuova area nei pressi di Sant’Eufemia di proprietà dell’ente, si affida un progetto di nuova realizzazione su quest’area, si commissiona un nuovo progetto di ristrutturazione di San Domenico e infine si acquista una nuova area a nord di San Rocchino.

Sono scelte, appare evidente, frutto di un certo disorientamento di fronte all’opinione pubblica e, par di capire, anche il frutto di alcune pressioni politiche che il regime fascista mette in atto nel disegno complessivo di una “nuova grandiosa città fascista” già avviato con la realizzazione di piazza Vittoria.

Il via libera ai lavori

Gradatamente la stampa (ormai ridotta al solo “Popolo di Brescia”) cambia atteggiamento. I titoli a tutta pagina sono lampante dimostrazione della raggiunta “unità di intenti”. “Unico rimedio: la nuova costruzione” è infatti il titolo del 3 marzo 1935 del quotidiano bresciano. L’intervento deciso del prefetto Enrico Salerno e del capo del fascismo bresciano Innocente Dugnani avviano finalmente l’amministrazione sulla via del nuovo edificio, che, è deciso, si farà nell’area di San Rocchino, quella attuale.

 

A seguire le fasi di avvicinamento viene nominata una apposita commissione. Questa è composta dal presidente degli Spedali Civili Guido Amadoni, dal segretario del Consorzio Provinciale Antitubercolare Pietro Bastianello, dal direttore medico degli Spedali Arturo Betti, dal tecnico dell’Ufficio tecnico provinciale Attilio Biemmi, dal presidente del Sindacato Provinciale Ingegneri Oreste Buffoli, dal Medico Provinciale Mario Caporali e dal direttore della clinica medica dell’Università di Pavia, il bresciano Adolfo Ferrata. Incaricato del nuovo, ennesimo progetto dell’Ospedale Civile, l’ing. Bordoni.

 

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